NEURO - EQ

Il mondo tende alla saturazione. Il reale aumento demografico è solo un aspetto del fenomeno: la velocità creatrice ha dato all'uomo il dono dell'ubiquità, ha ristretto lo spazio. L'uomo contemporaneo, immerso in un mondo illusoriamente piccolo, vive anche l'esperienza del locale in termini globali, dando al concetto di locale una limitazione non solo dello spazio, ma anche del tempo. L'uomo oggi ha certezza solo di sé, e di pochi grandi affetti, difficilmente presenti in modo costante nella sua vita. La vita sociale viene quindi intesa come sistema di relazioni casuali, fugaci, e fatte di pochissime persone alla volta. La rete di relazioni che l'uomo tesse necessita quindi, per esistere, di luoghi in cui le relazioni siano possibili: i piccoli spazi in cui due, tre persone si trovano per un certo tempo l'una di fronte all'altra, ad una distanza critica (treni, aerei, sale d'aspetto...); i grandissimi spazi saturi di gente, gli spazi tipici della nostra società spettacolare, in cui la folla ti rende solo, concedendoti tuttavia un consolante senso di appartenenza. La mia proposta si fonda su queste premesse: il programma è quello di un sottostrato abitativo flessibile, un piano su cui la città si muove, in cui la gente vive e la natura cresce indifferente all'uomo; e una serie di grandi spazi per la vita sociale, per le folle, che indifferenti giacciono sotto terra o si innalzano al di sopra di tutto, lasciando che la terra sia dell'uomo e della natura. Spazi del "troppo pieno" e del "troppo vuoto", spazi in cui la vita si esprime in tutta la sua psicotica ciclicità, in cui il nonsense della società si afferma con nichilistica coscienza, in cui si supera il meccanismo logico del rifiuto apocalittico della condizione contemporanea, verso una maggiore consapevolezza della vita e del valore fondamentale della scelta, nella stagione postumana del mondo. Questi grandi spazi (utopie, o meglio eteroutopie) se vuoti sono templi silenziosi, tributi a Dio; se pieni diventano "giganti gialli" per una nuova babilonia. Quando la città è spenta i moduli abitativi giacciono dentro, sotto le enormi strutture. Se un evento rende la città necessaria, i piccoli moduli popolano la terra, prima lasciata libera, e le grandi strutture abbandonano la loro funzione silenziosa di contenitori di scatole abitative, di elementi per il packaging, trasformandosi in contenitori per le folle. È il tempo, e gli eventi, che decidono il grado di popolamento. La saturazione totale porta infatti ad una Las Vegas, il vuoto porta ad un deserto popolato da babeliche rovine, destinate a sparire sotto il peso del proprio silenzio. Ma sono tutte le fasi intermedie che, con il loro alternarsi, generano la vita: le abitazioni aumentano e diminuiscono, le grandi strutture vivono una alla volta, si accendono in base agli eventi, creano attrazione e densità, e si spengono restando a guardare, testimoni immobili del passare del tempo; fino alla distruzione e alla ricostruzione, sulle rovine, di nuove soluzioni per nuovi uomini, per dare vita a nuova vita, concependo quindi la necessità della permanenza solo nel caso in cui questa si presenti come "forma di un passato che sperimentiamo ancora". Teso verso il futuro rispondo al presente con cinismo, e lo immagino già passato.

Alessio Cancellieri

immagini di progetto

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